IL GIUDICE DI PACE
Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella causa civile di primo
grado, iscritta al n. 349/06 R. G. Aff. Generali promossa da Buttice'
Domenico,  nato  il  28  novembre  1967  in  Raffadali  (AG)  ed  ivi
elettivamente  domiciliato  in  via  Costanza  n. 6, presso lo studio
dell'avv. Pietro Maragliano, che lo rappresenta e difende per procura
a  margine  del ricorso, contro l'Ufficio territoriale del Governo di
Agrigento,  in  persona  del prefetto pro tempore, domiciliato per la
carica  in Agrigento, Piazzale Aldo Moro, avente per oggetto: Ricorso
in opposizione avverso ordinanza di confisca.
                                Fatto
Con  ricorso  depositato  in  data  20 marzo 2006, il signor Buttice'
Domenico  proponeva opposizione avverso l'ordinanza di confisca prot.
n. 6710/S/2006/AREA  IV,  emessa  dal  Dirigente  Area  IV in data 15
febbraio  2006  e  notificata  il  23.02.2006,  con  la  quale veniva
disposta  la  confisca  del  ciclomotore  di  sua proprieta' Malaguti
Phantom, targato 5ZVYZ, per i motivi di seguito esposti.
In  data  16  ottobre  2005,  i Carabinieri della Stazione di Joppolo
Giancaxio, elevavano il verbale di contestazione n. 422397418 al sig.
Buttice'  Salvatore perche', alla guida del ciclomotore tipo Malaguti
Phantom  targato 5ZVYZ, circolava senza indossare il casco protettivo
e,  quindi,  per  violazione degli articoli 171, comma 1 e 213, comma
2-sexies del c.d.s., con conseguente verbale di sequestro finalizzato
alla  confisca  del  ciclomotore  (affidato,  in un secondo tempo, in
custodia  al  sig.  Buttice'  Domenico),  in  seguito al quale veniva
emessa  l'ordinanza  di  confisca.  Eccepiva  il  ricorrente,  in via
preliminare,  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  213, comma
2-sexies   d.lgs.  n. 285/1992  e  chiedeva  emettersi  ordinanza  di
sospensione della esecutivita' della confisca.
Il  giudice  di  pace  con  ordinanza  del 28 marzo 2006, ritualmente
notificata alle parti, le convocava per l'udienza del 17 luglio 2006,
disponendo    contestualmente    la   sospensione   provvisoria   del
provvedimento  impugnato.  il  resistente  Ufficio  territoriale  del
Governo di Agrigento, con documenti depositati in data 23 giugno 2006
in cancelleria, chiedeva rigettarsi il ricorso perche' infondato.
All'udienza  del  17  luglio  2006,  la  trattazione del procedimento
veniva  rinviata  per  l'astensione  degli  avvocati  dalle  udienze,
proclamata  dall'Assemblea generale degli ordini forensi d'Italia. In
data  6  novembre  2006,  il  giudice  di pace disponeva un ulteriore
rinvio   in   quanto   era  pendente  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  213,  comma  2-sexies  d.lgs. n. 285/1992.
All'udienza  successiva  il giudicante, rilevato che l'udienza del 19
febbraio 2007 non era stata celebrata e del rinvio non era stata data
regolare  comunicazione  all'ente  convenuto,  rinviava ulteriormente
all'udienza   del   18  giugno  2007.  All'udienza  fissata,  in  via
preliminare,  alla  presenza  del  solo  difensore  del ricorrente lo
scrivente    giudice   sollevava   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art  213, comma 2-sexies del d.lgs. n. 285/1992,
ritenuta  rilevante  e  non  manifestamente  infondata e disponeva il
deposito   a   parte   della   presente   ordinanza,  sospendendo  il
procedimento,   salvo   l'esito  del  giudizio  promosso  alla  Corte
costituzionale.
Nel  caso  di  specie,  l'ordinanza  di  confisca e' un provvedimento
emesso successivamente al verbale di contestazione ed annesso verbale
di  sequestro finalizzato alla confisca del ciclomotore di proprieta'
del ricorrente.
Sulla  legittimita'  della  normativa  in questione (artt. 171 e 213,
comma 2-sexies d.lgs. n. 285/1992) veniva sollevata questione davanti
alla  Corte costituzionale da parte di un rilevante numero di giudici
di pace.
In  pendenza di tali questioni, il legislatore interveniva, regolando
la  materia  e modificando la normativa vigente, non prevedendo pero'
alcuna  norma  transitoria  che  regolasse  i procedimenti pendenti e
riguardanti   verbali  di  contestazione  elevati  in  vigenza  della
precedente normativa.
Infatti,  con l'introduzione dei commi 168 e 169 dell'art. 2 del d.l.
3  ottobre  2006  n. 262,  cosi'  come  modificato  con  la  legge di
conversione  del  26  novembre  2006  n. 286,  sono stati sostituiti,
rispettivamente,  con  il primo, il testo dell'art. 171, comma 3, del
c.d.s. (introducendo in luogo della confisca il fermo del veicolo per
sessanta  giorni),  e  con  l'altro,  il  testo  dell'art. 213, comma
2-sexies  (per il quale e' sempre disposta la confisca del veicolo in
tutti  i  casi in cui un ciclomotore o un veicolo sia stato adoperato
per commettere un reato).
La  Corte  costituzionale,  investita  della  questione,  quindi, con
l'ordinanza   n. 453   del  2006,  restituiva  gli  atti  ai  giudici
rimettenti  perche'  essi  valutassero  la  rilevanza delle questioni
sollevate a seguito dello jus superveniens.
La  modifica  del  dettato normativo e la citata ordinanza impongono,
infatti,  secondo  la Corte, all'interprete di verificare, in base ai
principi  generali  del  diritto, se, alle violazioni commesse fino a
tutto  il  29 novembre 2006 (data di entrata in vigore della legge di
conversione  del  d.l.  n. 262/2006),  deve  applicarsi  la normativa
precedente   (che  prevedeva  la  confisca  del  caso  di  violazione
dell'art.  171,  comma  1,  c.d.s.)  oppure  la  nuova normativa (che
prevede   il   fermo  amininistrativo  del  veicolo  in  luogo  della
confisca).
Sussistono, quindi, a parere di questo decidente, giustificati motivi
per  ritenere  l'art.  213,  comma 2-sexies, del codice della strada,
introdotto con legge n. 168/05 che ha convertito con modificazioni il
d.l.  n. 115/2005,  viziato  da illegittimita' costituzionale sotto i
profili che verranno appresso specificati.
Va,  pertanto,  sollevata la questione di legittimita' costituzionale
della  norma  in esame, apparendo essa non manifestamente infondata e
rilevante ai fini del decidere.
                   Sulla rilevanza della questione
Il collegamento giuridico e non di mero fatto tra la res giudicanda e
la norma ritenuta incostituzionale appare del tutto evidente.
Infatti,  nel  caso  di specie, dovrebbe ritenersi applicabile l'art.
213,  comma  2-sexies  del D.lgs. n. 285/1992, modificato dalla legge
n. 168/2005  (normativa  previgente), in mancanza della previsione di
una  disciplina di transitorieta' nella normativa sopravvenuta (legge
del  26  novembre  2006  n. 286),  dal  momento  che il provvedimento
impugnato  e'  stato  emesso 15 febbraio 2006, sotto la vigenza della
vecchia normativa.
La  nuova  normativa,  in effetti, non sarebbe applicabile neppure in
via  analogica o per interpretazione estensiva, in quanto «In materia
di  illeciti amministrativi, l'adozione dei principi di legalita', di
irretroattivita'  e  di divieto di applicazione analogica, risultanti
dall'art.  1 della legge n. 689/1981, determina l'assoggettamento del
comportamento  considerato alla legge del tempo del suo verificarsi e
la  conseguente  inapplicabilita'  della  disciplina  posteriore piu'
favorevole,  senza che possano trovare applicazione analogica, stante
la  differenza  qualitativa delle situazioni considerate, gli opposti
principi  di  cui  agli  art.  2,  secondo  e terzo comma, del codice
penale, in tema di retroattivita' della norma piu' favorevole» (Cass.
civ., sez. I, 21 giugno 1999, n. 6232).
L'applicazione,  quindi, della precedente normativa comporterebbe non
solo  una  disparita'  di  trattamento  fra  chi  avrebbe commesso la
violazione  di  cui  all'art. 171 c.d.s. anteriormente al 29 novembre
2006  e  coloro,  la  cui condotta, sarebbe invece disciplinata dalla
normativa  vigente, ma altresi' una ingiusta sottrazione di un bene a
fronte di un illecito amministrativo di scarso rilievo.
                  Sulla non manifesta infondatezza
Violazione degli artt. 2, 3 e 27 della Costituzione.
La  sanzione  amministrativa  disposta con l'art. 213, comma 2-sexies
della  legge  n. 168/2005 e' in palese contrasto con gli articoli 3 e
27  della  Costituzione,  per  aperta  violazione  del  principio  di
ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione per la disparita' di
trattamento  tra  le  violazioni al c.d.s. commesse dai ciclomotori e
quelle  (che  in alcuni casi coincidono) commesse dagli autoveicoli e
per il principio della personalita'.
L'art. 3 della Costituzione, infatti, statuisce al comma 1 che «Tutti
i  cittadini  hanno  pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione,
di  opinioni  politiche  e  di  condizioni personali e sociali» e, di
conseguenza,  sancisce  al  comma 2 che: «E' Compito della Repubblica
rimuovere  gli  ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando
di  fatto  la  liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno  sviluppo  della  persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti  i  lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale
del Paese».
Premesso, infatti, che l'art. 20 della legge n. 689/1981 ai commi 3 e
4   ha   introdotto   il   concetto   della  confisca  amministrativa
dichiarandola  facoltativa  od  obbligatoria  a  seconda  delle varie
ipotesi,  lo  scrivente  giudice  ritiene  che il contenuto affittivo
della  disposizione  impugnata risieda piu' nella sanzione accessoria
disposta  che in quella principale della violazione commessa per cui,
anche  sotto  questo  diverso profilo, risulterebbe violato il citato
art.   3  della  Costituzione  per  l'incongruita'  tra  la  sanzione
pecuniaria  principale fissata in misura modesta, cui corrisponde, al
contrario,  una  sanzione accessoria notevolmente penalizzante per la
liberta' del cittadino.
La  violazione dell'art. 3 della Costituzione sussiste, altresi', per
la  evidente  sproporzione  tra violazione e sanzione amministrativa,
dal  momento  che  la  violazione  della norma (mancato uso del casco
protettivo)  non  costituisce  una  infrazione di forte pericolosita'
sociale,  non  essendo assimilabile a contravvenzioni quali l'uso del
mezzo  per  commettere  un  reato,  sicuramente di maggiore rilevanza
sotto  il  profilo  della  pericolosita'  sociale,  per  le  quali e'
prevista  la  medesima  sanzione  della confisca del motoveicolo, con
relative  conseguenze,  per  di  piu', anche economiche, in quanto il
valore   del   ciclomotore   o   del   motoveicolo  confiscato  varia
notevolmente,  integrando  la  pena pecuniaria e la sottrazione della
proprieta'  (confisca)  in  modo  irrazionale e diverso rispetto alla
medesima violazione.
A  fronte  di violazioni identiche e/o analoghe, inoltre, la norma in
commento  commina  la sanzione accessoria della confisca obbligatoria
del  solo  mezzo  laddove  la  violazione sia commessa utilizzando un
ciclomotore o un motoveicolo e non anche nei confronti del conducente
di  altri  veicoli,  rispetto  alla  medesima  ratio  di salvaguardia
dell'integrita'  fisica  e  del  cittadino.  Si pensi, ad esempio, al
conducente   di   un'autovettura  che  non  allaccia  le  cinture  di
sicurezza,  ovvero  utilizza  apparecchi  cellulari  mentre  guida o,
ancora,  circola  in  senso  di  marcia  vietato,  oppure  attraversa
un'intersezione  regolata  da  semaforo con lanterna proiettante luce
rossa  e  persino  nel  caso  di  guida  sotto  l'effetto di sostanze
alcoliche o psicotrope.
E'  del  tutto  evidente, alla luce di quanto sopra, come il disposto
che  questo giudice ritiene incostituzionale si presti a tale censura
in  quanto  l'art.  3  della  Costituzione  prevede che compito della
Repubblica   e'  rimuovere,  non  gia'  creare,  ostacoli  di  ordine
economico   e   sociale   che,  limitando  di  fatto  la  liberta'  e
l'uguaglianza  dei  cittadini,  impediscano  il  pieno sviluppo della
persona umana.
L'adita  Corte  costituzionale  infatti,  con  le  proprie  ordinanze
n. 58/1999  e  n. 297/1998,  con  la  sentenza  n. 313/1995  e quella
n. 144/2001,  ha  sempre  confermato  il  principio per il quale «uno
scrutinio  che direttamente investa il merito delle scelte sanzionate
dal  legislatore  e' possibile solo ove l'opzione normativa contrasti
in  modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si
appalesi,  in  concreto,  come  espressione  di un uso distorto della
discrezionalita».
Proprio  per  il  contrasto palese con il principio di ragionevolezza
l'adita Corte Costituzionale, con sentenza n. 110/1996, ha dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  134, comma 2 del c.d.s.,
che prevedeva la sanzione amministrativa della confisca di un veicolo
solo  perche'  era  scaduta  la  carta  di  circolazione dello stesso
(fattispecie  analoga  a  quella  per  cui oggi e' processo) e con la
recentissima   sentenza  n. 27/2005  ha  dichiarato  incostituzionale
l'art.  126-bis,  comma  2 del c.d.s. sulla decurtazione dei punti al
proprietario del veicolo.
Il Legislatore, invece, nel promulgare la legge n. 168/2005 non ha in
alcun  modo  tenuto conto dell'auspicio espresso piu' volte all'adita
Corte  costituzionale  dalla  estrema  necessita'  di «rimodellare il
sistema della confisca stabilendo alcuni canoni essenziali al fine di
evitare  che  l'applicazione giudiziale della sanzione amministrativa
accessoria  produca disparita' di trattamento» (Corte costituzionale,
sentenze 349/1997 e 435/1997).
Anche sotto tale profilo la norma e' censurabile.
Nei  rapporti, infatti, con la p.a., non e' in alcun modo ammissibile
una  disparita' di trattamento tra chi conduce una moto o ciclomotore
e  chi  guida un autoveicolo; tra chi non indossa il casco protettivo
alla  guida della moto e chi non indossa la cintura di sicurezza alla
guida  dell'autovettura;  e, soprattutto, in presenza di violazioni e
trasgressioni  relative  agli  stessi  articoli  del  c.d.s.,  con il
risultato  finale  evidente  che,  nel  caso  di  uso del veicolo per
commettere  un  reato, la privazione della disponibilita' del veicolo
avra'  luogo  solo  se  esso avra' due e non quattro ruote. Peraltro,
anche sotto il profilo della «ragionevolezza», va rilevata un'ipotesi
di  incostituzionalita'  dell'art.  213,  comma 2-sexies codice della
strada   in  relazione  all'art.  3  Cost.  per  quanto  concerne  la
violazione del principio di uguaglianza.
La   Corte   costituzionale  ha  da  tempo  riconosciuto  la  propria
competenza   a  sindacare  la  «  ragionevolezza  »  di  disposizioni
normative  che  ledono  il  principio di uguaglianza, anche quando la
legge,  senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai
cittadini  che  si  trovano  in  situazione  uguale  (Corte  Cost. 29
dicembre  1972,  n. 200), posto che un trattamento differenziato puo'
trovare  legittima  applicazione solo ove vi siano ragionevoli motivi
che giustifichino tale trattamento differenziato.
Nel  caso  di  specie,  l'art.  213,  comma 2-sexies del codice della
strada  (come  modificato  dalla legge n. 168/2005) non ha introdotto
ne'   alcuna   giustificata  innovazione  ne',  tantomeno,  legittimi
trattamenti   differenziati,   tant'e'   che,   successivamente,   il
legislatore   e'   dovuto  intervenire  modificando  la  normativa  e
trasformando   il   sequestro  finalizzato  alla  confisca  in  fermo
amministrativo.
Infine,  la  norma  di cui all'art. 213, comma 2-sexies, e' in palese
contrasto con l'art. 27 della Carta costituzionale, la quale sancisce
che  «la  responsabilita' penale e' personale». E' noto, infatti, che
l'art.  3  della  legge di depenalizzazione n. 689/1981 statuisce che
«nelle  violazioni  cui  e'  applicabile una sanzione amministrativa,
ciascuno  e' responsabile della propria azione o omissione, cosciente
e  volontaria,  sia  essa  colposa  o  dolosa»,  ragione  per cui, la
sanzione della confisca del ciclomotore o della moto, nel caso in cui
l'autore  dell'infrazione  sia  persona  diversa dal proprietario del
mezzo,  colpisce  inevitabilmente ed esclusivamente quest'ultimo, con
evidente  violazione  del  principio della personalita', oltre quello
gia'   esposto   dalla  ragionevolezza,  per  la  sproporzione  della
sanzione.
L'art.  3,  comma  1  della  legge n. 689/1981, infatti, e' ricalcata
sulla  previsione contenuta nell'artt. 42 c.p., relativa all'elemento
psicologico  nelle contravvenzioni; rispetto al testo di quest'ultima
disposizione  il  legislatore  del  1981  non  ha mutato altro che il
termine  contravvenzione,  sostituendo ad esso le parole « violazioni
cui e' applicabile una sanzione amministrativa ».
Va  da  ultimo  rilevato,  a  tal  proposito, che la locuzione (comma
2-sexies,  art.  213 c.d.s.), «â€¦ adoperato per commettere una delle
violazioni  amministrative  … » presuppone la volontarieta' ai fini
della  commissione  della  violazione  stessa  e  cio', se da un lato
postula la prova incombente sulla p.a. di dimostrare la volontarieta'
di  tale comportamento, la cui mancata prova inficia il provvedimento
di  confisca,  dall'altro  contrasta  con il principio secondo cui in
materia   di   sanzioni   amministrative  e'  ininfluente  l'elemento
psicologico.
Violazione dell'art. 42 della Costituzione.
Nell'ipotesi  disciplinata,  si concreta, inoltre, la sottrazione del
bene  (ciclomotore  o  motoveicolo)  al  legittimo  proprietario  e/o
possessore   (   che  non  coincide  col  trasgressore),  gravandolo,
evidentemente,  anche  delle spese di custodia senza limiti di tempo,
ancorche' ormai privo della legittimazione «passiva» e cio' in palese
violazione dell'art. 42 della Costituzione.
Si   consideri   che   anche   la   mancata  previsione  della  norma
dell'appartenenza  del  ciclomotore  e  del  motoveicolo al terzo non
trasgressore,  costituisce  sottrazione immotivata ed illegittima del
bene  a  soggetto  non  responsabile,  ne' puo' ritenersi superata la
violazione  dell'art.  42  Cost., con la previsione di cui al comma 6
dell'art.  213  c.d.s.,  il  cui  contenuto  si  prospetta  in  netto
contrasto  con  la  previsione  di cui al comma 2-sexies dello stesso
art. 213 c.d.s.
Violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione.
L'art.  24 Cost. prevede che: «Tutti possono agire in giudizio per la
tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi  legittimi.  La difesa e'
diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”, mentre
la  normativa  soggetta  a  censura si sottrae a qualsivoglia giudice
terzo   ai   fini   della   comminatoria   della  sanzione  ancorche'
amministrativa, di una gravita' economica tale da superare, in alcune
ipotesi,  l'entita'  delle  sanzioni  pecuniarie previste dalle leggi
penali, ponendo su un piano di assoluta disparita' le parti, rispetto
al dettato di cui all'art. 111 Cost.
E'   noto,   infatti,   che   nel   nostro   ordinamento,  la  tutela
giurisdizionale  e'  il solo principio, costituzionalmente garantito,
nel rispetto della separazione dei poteri.